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Parliamo di intensità di cura e complessità assistenziale

Il modello per intensità di cura comporta un cambiamento importante a diversi livelli che vanno dall’organizzazione ospedaliera all’organizzazione infermieristica.

Diverse regioni, già a partire dagli anni ’90 hanno iniziato a pensare ed applicare questo modello sanitario innovativo e per il quale hanno investito importanti risorse economiche e professionali.

L’organizzazione per intensità di cura non raggruppa eccezionalmente i pazienti sulla base delle discipline mediche, bensì prevede l’accoglienza del paziente in un’area appropriata in base al bisogno clinico assistenziale ed al trasferimento successivo al variare delle condizioni cliniche. L’assegnazione del livello di cura richiesto consegue ad una valutazione di instabilità clinica (associata a determinate alterazioni di parametri fisiologici) e di complessità assistenziale (medica ed infermieristica).

Ad indicare il settingpiù appropriato di assistenza è la componente clinica, che una volta stabilita attraverso scale validate, assegna al paziente un preciso livello nel quale esso riceverà le cure prescritte, secondo uno specifico grado di intensità definito in base alle migliori evidenze disponibili in letteratura.

L’assistenza per intensità di cura prevede tre livelli:

  • Alta intensità (degenze intensive e sub intensive);
  • Media intensità (degenze per aree funzionali: area medica, chirurgica, materno – infantile);
  • Bassa intensità (pazienti post acuti).

Ne consegue quindi la necessità di applicare nuovi modelli di lavoro interprofessionali e multidisciplinari. Cambia, quindi, complessivamente la relazione all’interno dell’equipe tra medico ed infermiere, nella consapevolezza che il processo di cura e di assistenza sono distinti, ma anche interdipendenti. Con l’ospedale organizzato per intensità di cura il medico può meglio concentrarsi  sulle proprie competenze distintive mentre il personale infermieristico può allargare il campo delle competenze per la gestione dell’assistenza avanzata nei settori di alta intensità e il campo delle responsabilità di presa in carico per la gestione dei settori a bassa e media intensità con la messa in campo di funzioni di case management sul percorso clinico assistenziale del paziente; inoltre si ampliano i processi di integrazione e i momenti comuni tra medici e infermieri, con la necessità di disporre di strumenti comuni per garantire la continuità delle informazioni e della presa in carico globale del paziente.

Il fine che ci si propone è garantire un’assistenza ottimale ad ognuno dei livelli intensità nel quale il paziente viene collocato.

Sono presenti numerose esperienze che riguardano i sistemi di codifica delle condizioni dei pazienti ma l’analisi della letteratura infermieristica più recente impone l’individuazione di uno strumento che permetta di analizzare la complessità clinica sia dal punto di vista medico, che assistenziale.

Uno strumento integrato di valutazione di intensità assistenziale e di complessità medica ci permetterà di individuare i pazienti che necessitano di cure a alta, media e bassa intensità.

La complessità assistenziale è stata studiata negli ultimi anni attraverso diversi metodi:

  • Indice di Complessità Assistenziale (ICA)di Bruno Cavaliere il quale, a partire dal “Modello delle Prestazioni Infermieristiche” di Marisa Cantarelli, definisce un set di indicatori tecnicamente validi, affidabili e coerenti con alcuni postulati definiti nel modello. Questa metodologia ha l’intento di ribadire la centralità del paziente nel processo di assistenza infermieristica e di ricavarne standard generali di riferimento, si propone non solo come un metodo di raccolta dati, ma come un sistema integrato di analisi organizzativa in grado di favorire l’applicazione dei modelli professionali assistenziali e di garantire un adeguato processo decisionale dell’infermiere;
  • Il Sistema Informativo della Performance Infermieristica (SIPI)dell’università di Milano, che pone l’attenzione sull’infermiere e sulla classificazione delle prestazioni erogate e considera tutte le variabili che concorrono a definire la complessità assistenziale oltre a quelle cliniche, organizzative di contesto di assistenza diretta;
  • Il Modello Assistenziale Professionalizzante (MAP), modello proposto dalla Federazione Nazionale Collegi IPASVI , che pone l’attenzione sul paziente e sulle variabili cliniche che incidono sulla complessità. Per ognuna di queste variabili, il MAP identifica funzioni e parametri attraverso i quali realizzare il processo di valutazione della complessità assistenziale della persona assistita.

Possiamo quindi dire che questo modello organizzativo sembra essere, fino a quando non saranno a disposizione evidenze scientifiche consolidate, il migliore per l’erogazione dell’assistenza al paziente da parte del team assistenziale, in quanto le attività vengono valorizzate e riconosciute al singolo professionista con margini di autonomia e ruoli cruciali nei percorsi integrati di cura.

Di Dott. Michele D'Augello

Infermiere e web-writer, appassionato di scrittura digitale.